Raffaello Sanzio, "La scuola di Atene". Tema: la facoltà dell'anima di conoscere il vero.

martedì 27 aprile 2010

Dov'è finito il profumo di Libertà?

Milano, Piazza della Scala, 24aprile2010, all'interno del Teatro si celebra la festa della Liberazione, con l'orchestra che suona l'Inno di Mameli e il Presidente della Repubblica Napolitano che fa il suo discorso, richiamando tutti all'unità, alla presenza dei vari Fassino, Berlusconi, Formigoni, Podestà, Bindi, Moratti. Il clima è perfetto, quasi idilliaco, tutto va a gonfie vele, tutti vanno d'accordo, tutti sono contenti. O forse questo è quello che si vuol far passare in televisione? Tutta la piazza e tutte le vie circostanti sono transennate e sorvegliate da uno stuolo di forze di polizia. Il punto più vicino all'ingresso del Teatro è a una cinquantina di metri. La massa di curiosi, che sperava di poter vedere da vicino i propri leaders, resta delusa, attaccata alle transenne, nella speranza di cogliere una mano, un lembo di giacca, una testa. Ma niente. I politici presenti sono talmente amati che non si fanno scorgere neanche da lontano, se non la Bindi, applaudita, e Formigoni, fischiato, che, sia per sfottere che per far apparire un'immagine di serenità alla televisione, saluterà con un ampio sorriso. Per il resto niente, i metri di distanza ed il numero di addetti alla sicurezza sono troppi, dalle varie auto blu potrebbe anche non essere nè sceso nè salito nessuno. L'atmosfera è surreale. Ed è necessario che sia così per chi basa la propria immagine solo sull'apparire in video, il contatto umano deve scomparire.

C'è un silenzio ovattato in tutta la piazza. Ma all'improvviso si sentono dei fischi e delle urla provenire dal lato sinistro del teatro. Questo è narrato nella prima parte del video. Dei dipendenti della Scala protestano contro i tagli alla cultura e alla lirica, vogliono entrare da un ingresso secondario per manifestare, per rendere nota la propria situazione, il proprio malessere. Non gli è permesso, da qui lo sontro con la polizia e qualche manganellata. Pian piano si sparge la voce di quanto accaduto. Ma niente di ciò è degno di essere raccontato dai media tradizionali.

Poco dopo si sente la voce di protesta di Piero Ricca, un noto giornalista, attivista e blogger che organizza settimanalmente degli speak corner, che cerca di svegliare le menti anestetizzate della piazza silenziosa, richiamando i valori della Resistenza. Resistenza che significa combattere ancora oggi contro le continue lesioni dei diritti fondamentali, ormai dati troppo per scontati. Tra curiosi, tra componenti di QuiMilanoLibera e tra chi riconosce in Piero un punto di riferimento per protestare, si crea intorno a lui una piccola folla. Per farsi sentire meglio inizia a parlare al megafono. Ma durerà poco. Le immagini questo raccontano. Non è tollerabile sentire una voce fuori dal coro. Il megafono gli viene portato via a forza, lui cerca di opporre resistenza, qualcuno cerca di aiutarlo, ma alla fine l'avranno vinta e si dilegueranno in pochi secondi. Ma la violenza subìta incoraggia ancor di più a protestare. Purtroppo ciò non sarà sufficiente per essere ritenuti una notizia dai telegiornali nazionali. Il dissenso non può essere trasmesso in televisione, che è la principale (se non l'unica) fonte di informazione per la maggior parte della persone. Se non vedo mai il dissenso, tenderò a conformarmi. Se nessuno protesta mai, significa che non ce ne è motivo, non sarò certo io ad inventarmene uno.

Questo è ciò che è successo. Io ero presente. Spesso se ne sente parlare, a volte vediamo anche dei filmati, ma vedere dal vivo la lesione di un diritto, vedere dal vivo un abuso di potere suscita una sensazione che tutti dovremmo provare, in modo tale da avere maggior indignazione ad ogni ingiustizia di cui riceviamo notizia. C'è adrenalina, c'è rabbia. Non si può pensare cosa è giusto o cosa è sbagliato, non se ne ha neanche il tempo. Si sa e basta, è ingiusto. E di fronte a un'ingiustizia non si può fare altro che intervenire, fare il possibile per impedirla. Così dovrebbe essere sempre, anche quando non ci riguarda direttamente. Sia per solidarietà, sia perchè un giorno potrebbe toccare a noi. Molti sono morti perchè noi oggi potessimo avvalerci dei diritti che abbiamo. Non lasciamo che la loro memoria venga calpestata e i loro sforzi restino vani, lasciando che questi diritti vengano logorati nell'indifferenza.

In quest'occasione è stato violata la libertà di manifestazione del pensiero, garantita dall'art. 21 della Costituzione.Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. E non c'erano esigenze di ordine pubblico. E se ci fossero state, l'assembramento di persone doveva essere sciolto con un preavviso delle forze di pubblica sicurezza, che, se non rispettato, avrebbero dovuto intimare per tre volte lo scioglimento (con tre squilli di tromba). Questo prevede il Tulps (testo unico leggi pubblica sicurezza). Invito tutti a leggere come la nostra sicurezza sia in parte regolata da una regio decreto, fascista, del 1931. Per dare un'idea dell'avanguardia di quel testo, esso prevede anche il divieto di distribuire o mettere in circolazione scritti, disegni o immagini che divulgano, anche in modo indiretto o simulato o sotto pretesto terapeutico o scientifico, i mezzi rivolti a impedire la procreazione o a procurare l'aborto o che illustrano l'impiego dei mezzi stessi o che forniscono, comunque, indicazioni sul modo di procurarseli o di servirsene. (Previsione che ovviamente non può che essere disattesa.)

Si è riscontrato inoltre un abuso da parte di quei poliziotti (della Digos si presume) che, in borghese, non erano riconoscibili come pubblici ufficiali e che non hanno comunicato quale legge o regolamento si stava violando, non permettendo al cittadino di conoformavisi e anzi, eseguendo un'azione di sequestro. Tutto ciò senza la benchè minima necessità di operare con urgenza. A questo va' aggiunta l'impossibilità di identificare gli agenti e la conseguente impossibilità di fare un ricorso giurisdizionale contro tale azione.

Sono stufo di sentirmi dire che non siamo in una dittatura, che abbiamo tutti i diritti di cui abbiamo bisogno. Vero è che non siamo in una dittatura, ma è vero anche che a nessuno è concesso di rovinare, neanche con una piccola sbavatura, la pellicola del film che stanno creando per noi, il film che riscriverà completamente la realtà. O meglio, che creerà una realtà split, suddivisa, come la banana split. Ci sarà la realtà di quelli che stanno bene e che pensano che tutti stiano come loro. (In questa c'è una sottocategoria, la realtà di quelli che credono di stare bene, perchè così gli han detto di doversi sentire.) E ci sarà la realtà di quelli che stanno male, che sanno di stare male, che vedono come il film non corrisponda a verità, ma hanno la voce troppo debole, fanno fatica anche a comunicare tra loro, per il frastuono con cui è trasmessa in continuazione la realtà di plastica, plastica che non permette alle voci discordi di giungere nella realtà idilliaca al di là della barriera.

Obiettivo: con piccole azioni quotidiane, praticare dei forellini al plasticume. Se si è in tanti a farlo l'effetto sarà devastante. Il dissenso ed il malessere saranno finalmente percepiti da una marea di anime sonnecchianti. In questa marea ci sarà chi preferisce continuare a dormicchiare e chi preferisce pensare solo a sè stesso, ma saranno tanti quelli in cui si risveglierà un moto di solidarietà. Il pallone in cui vivevano si sgonfierà lentamente, niente potranno fare quei pochi che immettevano aria artificiale per mantenere apparenze e potere. Finalmente tutti potranno respirare un'aria con un'essenza nuova, forse mai provata prima. Risulta difficile dare una definizione, un nome, ma il ricordo di una sensazione sopraggiunge, dai primordi della memoria, l'odore di questa nuova brezza è come se fosse il sapore della madeleine, è un ricordo piacevole, ricco, finalmente è chiaro: è profumo di verità, è profumo di libertà.

Jacopo De Angelis

Oggi se ne respira poco, ma dobbiamo cercarlo nei nostri ricordi primordiali. Lì l'ho trovato quando ho cercato di evitare quella violenza.

P.S. Questo è un commento di un artista del coro della Scala, che ho trovato nel blog di Ricca. "Buongiorno, sono un artista del coro del Teatro alla Scala.Ieri, eravamo riuniti per esprimere CIVILMENTE il nostro dissenso al decreto di Bondi, con uno striscione che recava le paroleNO AL DECRETO INFAME - VIA I BANDITI DALL’ANFOLSCi hanno impedito CON LA FORZA di esporlo,tentando dapprima di sequestrarlo, poi, tra spintoni di energumeni in borghese, permettendoci di aprirlo solo all’ingresso della galleria Vittorio Emanuele, ben distanti dal nostro Teatro e soprattutto dalle telecamere.Dopo aver comunque manifestato là dove era possibile, ci siamo recati TUTTI all’ingresso artisti in via Filodrammatici 2, sotto i portici, lo stesso ingresso per il quale ogni giorno transito per andare a lavorare. Ma senza striscione.Lì giunti, dapprima ci hanno impedito l’accesso al Teatro, nonostante esponessimo il pass di cui siamo dotati(rimarco che ieri sera, quando sono andati via tutti, abbiamo fatto una replica del Simon Boccanegra con Placido Domingo, come in cartellone), poi hanno schierato un cordone nutrito di forze dell’ordine in tenuta antisommossa (!) per impedirci il transito sotto il colonnato.Eravamo tanti, artisti del coro, orchestrali, tecnici, personale di sala, sarte…in un istante mi sono visto davanti un enorme scudo in plexiglass, che “proteggeva” un tutore dell’ordine con casco e manganello in mano.Bene, quel manganello è partito, colpendo un tecnico che era alla mia destra!Abbiamo cercato di fermare quelle mani con il manganello alzato, uno di noi ci è riuscito, afferrando il polso del “valoroso” tutore dell’ordine…dietro di lui un suo collega, forse infastidito dal gesto, ha sferrato un PUGNO, colpendo sul naso e facendo sanguinare il proprietario di quella mano che aveva osato fermare il manganello.W l’Italia e la Resistenza, intanto, si proclamava all’interno del Teatro.Con Berlusconi seduto sorridente in platea e gli artisti della Scala presi a sprangate fuori." Luciano BuonoArtista del Coro del Teatro alla Scala

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