Raffaello Sanzio, "La scuola di Atene". Tema: la facoltà dell'anima di conoscere il vero.

lunedì 8 marzo 2010

Elezioni Regionali

In periodo pre-elettorale (soprattutto in questo), sembra utile ricostruire il modo in cui ci è data la possibilità di partecipare a un importante momento di democrazia. Utile soprattutto in un momento storico in cui si tende a tenere all’oscuro il cittadino dei meccanismi con cui può contribuire all’andamento della vita democratica. Questo perchè il cittadino è considerato come un mero produttore di consenso, e perchè non si capisce che a volte la forma fa la sostanza. (é per esempio sostanziale la differenza tra un sistema elettorale maggioritario e uno proporzionale).
Ogni regione è libera di adottare il sistema elettorale che preferisce, senza però poter eccedere i vincoli costituzionali. Se la Regione (a Statuto ordinario) non provvede a fornirsi di un proprio sistema, il meccanismo è disciplinato da due leggi statali, ossia la legge 108/1968 e la legge 43/1995, e una legge costituzionale, la numero 1 del 1999. Solo alcune Regioni ne hanno adottato uno proprio, mantenendo comunque come base quello comune: per esempio in Toscana non è possibile esprimere preferenze, in Campania si possono esprimere due preferenze, ma la seconda deve essere necessariamente per una persona di sesso femminile.
La disciplina prevede che il capolista della lista regionale (c.d. listino del Presidente) che ha ottenuto la maggioranza relativa dei voti sia eletto direttamente Presidente di Regione (ove per maggioranza relativa si intende che è sufficiente avere ottenuto un voto in più dei concorrenti presi singolarmente; concetto contrapposto a quello di maggioranza assoluta, per cui è necessario ottenere il 50% più uno dei voti).
Oltre alle liste regionali, ci sono anche le liste provinciali. Ogni lista provinciale deve essere necessariamente collegata a un Listino. Il numero dei candidati per ogni provincia non può essere superiore al numero, già previsto, di consiglieri che saranno eletti in quella provincia, nè inferiore a 1/3 di tale numero. Il Listino invece dovrà essere composto da almeno dal 10% dei seggi del consiglio regionale.
Sono varie le modalità con cui è possibile esprimere il proprio voto:
1- Votare il Presidente e una lista provinciale ad esso collegata
2- Votare il Presidente e una lista provinciale scollegata (c.d. voto disgiunto)
3- Votare il Presidente e basta (il voto non avrà effetti sulle liste collegate)
4- Votare la lista provinciale e basta (il voto andrà anche al Presidente)
In ogni caso è prevista la possibilità di esprimere una preferenza per un candidato della lista provinciale.
Dopo avere stabilito la vittoria del Presidente e che il candidato Presidente che è arrivato secondo è eletto membro del consiglio regionale, i seggi vengono così ripartiti:
1- Se le liste provinciali collegate ottengono il 50% o più dei seggi, sarà assegnato al listino solo il 10% dei seggi
2- Se le liste provinciali collegate ottengono meno del 50% dei seggi, il 20% dei seggi sarà assegnato al Listino,di cui quindi vengono eletti tutti i candidati.
a) se il Listino ha ottenuto meno del 40% dei voti, e la somma dei seggi ottenuti dalle liste provinciali e dal Listino è inferiore al 55% dei seggi, è assegnato un numero di seggi aggiuntivi tale da arrivare al 55% dei seggi
b) se il Listino ha ottenuto più del 40% dei voti, e la somma dei seggi ottenuti dalle liste provinciali e dal Listino è inferiore al 60% dei seggi, è assegnato un numero di seggi aggiuntivi tale da arrivare al 60% dei seggi
Si deduce quindi che le elezioni regionali si basano su un sistema maggioritario, essendo nominato Presidente chi ha la maggioranza relativa, ed essendo il consiglio eletto per 1/5 con un sistema maggioritario, a cui si aggiungono altri correttivi in direzione maggioritaria.
Per sistema elettorale si intende quindi quel meccanismo che regola le modalità di votazione e di elezione dei candidati.

Altra cosa è la disciplina che detta le regole per la presentazione delle candidature, sancita, anche per gli enti locali, da leggi dello Stato. Ed è questo l’oggetto di tante polemiche di questi giorni.
Vediamo quali sono i documenti necessari per una valida candidatura. Ma prima due piccole premesse: quando e dove presentarli?
Quando: entro le 12 del ventinovesimo giorno antecedente le elezioni (in questo caso entro mezzogiorno del 27 febbraio), avendo a disposizione anche il giorno precedente.
Dove: a) le liste provinciali presso la cancelleria del Tribunale presso il quale ha sede l’ Ufficio Centrale Circoscrizionale.
b) le liste regionali presso la cancelleria della Corte d’ Appello del capoluogo regionale presso la quale è costituito l’ Ufficio Centrale Regionale.
I documenti necessari sono molti, soprattutto per chi è poco incline ad avere rapporti con la burocrazia.
1- Documenti riguardanti il candidato:
a) dichiarazione di accettazione della candidatura( che può essere presentata al massimo in tre circoscrizioni provinciali, e non in liste diverse, e massimo in due regioni).Con firma e autenticazione della firma.
b) certificato che attesti che il candidato sia elettore di un Comune della Repubblica, rilasciato dal Sindaco.
2- Indicazione di due delegati per la presentazione delle liste, che sono gli unici a poter dichiarare il collegamento tra liste provinciali e regionali, e viceversa. Inoltre nominano i rappresentanti di lista provinciali, che saranno presenti al momento della votazione e dello scrutinio presso il seggio elettorale.
3- Contrassegno di lista. Bisogna consegnarne tre modelli, delle dimensioni prescritte, e non devono essere identici nè confondibili con i simboli di partiti notori o già presenti in Parlamento o già depositati.
4- La dichiarazione di presentazione della lista, che è il documento più importante e che in questi giorni è oggetto di discussione. Esso è infatti composto da vari elementi necessari.
Tale dichiarazione deve essere sottoscritta da un numero di elettori che varia a seconda del numero di abitanti della provincia(da 750 per le province con meno di 100mila abitanti, a 3000 per le province con più di 1 milione di abitanti).
Stessa cosa per le liste regionali. In particolare per le Regioni con più di 1 milione di abitanti, devono esserci dalle 3500 alle 5000 sottoscrizioni. (è il caso del Listino ‘Per la Lombardia’ di Formigoni,pdl). Non si può sottoscrivere più di una lista, pena un’ammenda dai 200 ai 1000 euro.
Le sottoscrizioni devono essere poste su appositi moduli, che devono avere: il contrassegno della lista, nome e congnome, data e luogo di nascita del candidato e del sottoscrittore, con indicazione del comune di residenza di quest’ultimo.
La sottoscrizione (ossia la firma) deve essere autenticata da un Pubblico Ufficiale, che deve indicare le modalità di identificazione del sottoscrittore (ad esempio tramite carta d’ identità), il luogo ed infine la data dell’autenticazione (che può essere antecedente al massimo di 6mesi alla data di presentazione delle liste). In questo caso, sono da ritenersi Pubblici Ufficiali: notai, giudici di pace, sindaci, assessori comunali e provinciali, presidenti dei consigli comunali e provinciali (che possono anche incaricare dei funzionari). Questi Pubblici Ufficiali possono operare solo nel territorio di propria competenza.
5- Devono infine essere consegnati anche dei certificati che attestino che i vari sottoscrittori siano effettivamente elettori di quella circoscrizione. Certificati che si ottengono dal Sindaco e che possono essere anche collettivi.

Le liste vengono presentate nei termini predetti dai delegati, nelle mani del cancelliere, che redige il verbale. Si raccomanda al cancelliere di segnalare subito eventuali vizi che egli sia già in grado di conoscere (per esempio un numero insufficiente di sottoscrizioni).
Le liste vengono poi consegnate al rispettivo Ufficio Centrale, composto da tre Magistrati, che entro 24 ore devono aver finito di controllare la regolarità delle liste, ossia la regolarità dei documenti sopra elencati. Nel caso siano riscontrate irregolarità, deve essere effettuata in giornata una comunicazione ai delegati interessati, che possono ricorrere contro la decisione entro 24 ore dal ricevimento della comunicazione. Da sottolineare il fatto che sono già previsti i casi in cui i vizi possono essere sanati: se il numero di candidati nella lista è superiore al limite previsto, vengono cancellati gli ultimi nominativi; se la dichiarazione di accettazione del candidato o se il suo certificato elettorale non sono validi, viene cancellato il nome del candidato; se il simbolo della lista è identico o confondibile con altri, ciò viene subito comunicato ai delegati di lista che entro le 9 del giorno dopo devono sostituirlo.
Si nota così come siano già previste delle modalità di sanamento dei vizi, sia da parte dei giudici, che da parte degli stessi interessati (vedi la sostituzione contrassegno di lista).

Viste le regole, vediamo ora i fatti avvenuti negli ultimi giorni.
I Radicali, che hanno vista esclusa dalla competizione la propria lista per insufficienti sottoscrizioni (lista Bonino-Pannella), hanno fatto un esposto all’ Ufficio Centrale, chiedendo l’esclusione dalla competizione elettorale delle liste di Penati (PD) e di Formigoni (PdL,nella foto) per alcune irregolarità negli atti di presentazione.
Premettendo che l’Ufficio avrebbe comunque esaminato le liste, ecco le richieste dell’esposto, con le rispettive decisioni (risalenti all’ 1 marzo):
-alcuni certificati elettorali sono stati rilasciati prima che il sottoscrittore stesso firmasse, ma ciò è possibile, poichè potrebbe ben essersene munito prima di firmare
-la chiusura della lista di Formigoni (ossia 24 febbraio) è stata effettuata in epoca posteriore a quella effettivamente sottoscritta da buona parte dei firmatari, che quindi hanno firmato su una lista diversa da quella alla fine presentata, ma è un vizio non rilevabile dall’Ufficio, perchè basato su articoli di giornale, la cui veridicità è di difficile verifica
-alcune autenticazioni sono invalide per mancanza: a) della data (121); b) del luogo (229); c) della qualifica dell’ autenticante (28); d) del timbro (136)
Quindi solo ques’ ultimo punto è stato rilevato sussistente dall’Ufficio, che ha quindi dichiarato invalide 514 autenticazioni, che sottratte alle 3935 presentate, rendono invalida anche la lista di Formigoni, perchè sottoscritta da solo 3421 elettori, inferiori per numero ai 3500 previsti.
Alla lista di Penati sono state invalidate 173 sottoscrizioni, ma tale lista rimane comunque sopra le 3500 (sono infatti 3622).

Al ricorso subito presentato, l’Ufficio Centrale della Corte di Appello di Milano, composto dai giudici Bonaretti, Colombo e Barbuto, ha deciso ancora per l’ esclusione della lista (in data 3 marzo), decisione immediatamente impugnata da Formigoni presso il T.A.R (Tribunale Amministrativo Regionale). Vediamo le decisione e le rispettive nuove lagnanze (del nuovo ricorso al TAR).
Innanzittutto l’Ufficio ha riconteggiato le sottoscrizioni, che sono risultate 3872 anzichè 3935. Di queste ne ha ritenute valide solo 3628 (244 no), alle quali vanno ancora sottratte le 514 che presentano dei vizi nell’ autenticazione. Sono quindi solo 3114 le sottoscrizioni valide, ne mancano 386 per arrivare a quota 3500. Nel ricorso al TAR Formigoni (ovviamente tramite i suoi legali) sostiene che questo ampliamento dell’ ambito di decisione non è legittimo, anche perchè non dà motivazione del perchè 244 sottoscrizioni sono ritenute invalide. (vero è che non viene data motivazione, ma un Ufficio, che peraltro ha in questo caso il dovere di controllare la regolarità delle liste, ben potrà ritenere di conoscere anche nuovi elementi, se importanti ai fini della decisione).
I tre Magistrati, nel riconfermare l’ invalidità dell’ autenticazione di 514 sottoscrizioni, si rifanno all’ art. 21,2 del DPR 445/2000, che così recita: “l’autenticazione è redatta di seguito alla sottoscrizione e il pubblico ufficiale, che autentica, attesta che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell’ identità del dichiarante, inidicando le modalità di identificazione, la data e il luogo dell’autenticazione, il proprio nome e cognome e la qualifica rivestita, nonchè apponendo la propria firma e il timbro d’ ufficio.” Da ciò l’Ufficio deduce che le formalità sono il risultato di una scelta del legislatore, che ha tipizzato l’atto di autenticazione per renderlo idoneo a produrre i suoi effetti. Le formalità qui previste costituiscono quindi il minimo essenziale per assicurare la certezza della provenienza della sottoscrizione dal soggetto che figura averla apposta, non essendo possibile trovare un criterio adatto a distinguere tra requisiti essenziali e requisiti meramente accidentali. A sostegno di ciò ci sono anche alcune sentenze del Consiglio di Stato (ultimo grado di giudizio della Giustizia Amministrativa). Inoltre, anche tenenendo conto delle firme autenticate senza il timbro, si arriverebbe comunque solo a 3250. Quindi il timbro è l’ unico requisito che può ritenersi non essenziale, perchè tra i pubblici ufficiali previsti ci sono anche i consiglieri comunali, che sono normalmente sprovvisti di timbro.
A ciò nel nuovo ricorso si controbatte con le seguenti motivazioni: che possono essere depennate solo le sottoscrizioni prive di autenticazione, e che eventuali vizi delle autenticazioni stesse non siano rilevanti, perchè ciò non è espressamente previsto (ma non si capirebbe allora perchè prevedere che le sottoscrizioni vadano autenticate, se tanto non sono importanti le regole che prevedono le modalità di autenticazione.), a meno che non ci siano carenze talmente evidenti da dimostrarne l’ inesistenza. Sostenendo così la distinzione tra requisiti essenziali e accidentali, negata precedentemente dall’Ufficio. Nello specifico Formigoni sostiene che appunto il timbro non è elemento invalidante, come già ammesso dall’Ufficio. Ritiene anche la data di autenticazione una pura formalità perchè essa è sicuramente compresa nei termini stabiliti per legge (ossia tra la data di scadenza di presentazione delle liste e i 6 mesi precedenti), poichè se c’è scritta la data di elezione, significa che i comizi elettorali sono già stati convocati, e dato che questi sono convocati 2 mesi prima delle elezioni, c’è la certezza che i tempi siano stati rispettati. Alla mancata qualificazione dell’autenticante si può ovviare guardando il suo timbro, che corrisponderà alla qualifica. Anche per quanto riguarda la mancata indicazione del luogo il ricorrente ritiene che vi si possa risalire guardando il timbro.

Premettendo che il 6 marzo il TAR ha deciso una sospensiva delle decisioni dell’Ufficio Centrale impugnate da Formigoni, perchè la presentazione delle liste era già stata verbalizzata e perchè effettivamente, per legge, in questa materia, possono essere impugnate solo decisioni avverse al diretto interessato. Ha quindi riammesso la lista di Formigoni alle elezioni, consentendo la stampa dei vari cartelloni elettorali e delle altre procedure. Ma non in maniera definitiva, come detto dallo stesso Formigoni che ha sostenuto di essere sempre stato in corsa e di aver vinto questa battaglia, ma in via provvisoria. Il TAR dovrà infatti ora decidere nel merito se la lista è stata presentata con un numero sufficiente di sottoscrizioni valide. Anche se si appurerà che i Radicali non erano legittimati a presentare l’esposto. La riammissione è stata decisa solo per evitare che venga rovinata la campagna elettorale a chi potrebbe essere successivamente ritenuto in regola, ma niente impedisce che poi venga esclusa la lista.

Vediamo quindi come potrebbe decidere il TAR.
-Innanzitutto potrebbe andare a verificare se effettivamente si è verificato quanto dichiarato nell’ esposto presentato dai Radicali (vedi sopra), cioè se la lista di candidati non sia stata cambiata più volte nel corso delle sottoscrizioni, e ciò basterebbe da solo a invalidare molto sottoscrizioni (ma ciò si può verificare solo se è stata fatta una domanda tempestiva da una delle controparti chiamate in causa, tra cui c’ è anche Penati).
-Secondo. Dovrà verificare i motivi che hanno condotto all’ invalidazione di 244 sottoscrizioni (che sono le firme vere e proprie,ad esempio se uno si firma jd,anche se autenticata, tale firma non è valida, mentre i vizi dell’ autenticazione riguardano la procedura di accertamento).
-Terzo. Dovrà ritenere valide le autenticazioni prive di timbro (secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato).
-Quarto. Dovrà verificare che nei fogli, dove manchi la data di autenticazione, ci sia scritta la data delle elezioni, così da avere la certezza che sia stata fatta nei limiti dei termini fissati (vedi sopra).
-Quinto. Dovrà controllare che nelle autenticazioni in cui l’autenticante non sia qualificato, che ci sia il timbro.
-Sesto. Per quanto riguarda la mancata indicazione del luogo dell’autenticazione, non penso possa essere accolta la tesi del ricorrente, secondo la quale si può risalire al luogo, dal timbro. Il Pubblico Ufficiale può autenticare solo nel territorio di propria competenza (ad esempio se è un consigliere comunale può operare solo all’ interno del proprio Comune). Quindi, non essendo indicato il luogo, il timbro, eventualmente posto in un altro Comune, indicherebbe come luogo di realizzazione dell’ autenticazione un luogo diverso da quello ove effettivamente è stata posta la firma.
Vero è che già l’Ufficio Centrale ha affermato nella sua seconda decisione, che le formalità previste dal legislatore sono poste per la necessità di verificare che la presentazione della lista corrisponda effettivamente alla volontà della quota di elettori indicata. Ma questo principio (sotenuto anche dal ricorrente) andrebbe applicato anche al primo punto, e quindi tale volontà degli elettori non sussisterebbe se venisse provato che molti hanno sottoscritto una lista diversa da quella finale. Nel caso della mancata indicazione del luogo, la volontà dell’ elettore non può essere verificata da una persona che in quel luogo non ha legittimazione ad operare. Potrebbe anche essere che il luogo sia effettivamente quello del timbro, ma bisognerebbe provarlo chiedendolo a chi ha sottoscritto. Ma sarebbe possibile andare dalle 229 persone che rientrano in questa situazione, e chiederle in che luogo hanno firmato? Ammesso che sia possibile proceduralmente farlo, sarebbe accettabile una dichiarazione fatta a posteriori, dando magari la possibilità di modificare il luogo effettivo della firma? Cosa che facilmente potrebbe accadere, dato che se qualcuno sottoscrive una lista, è sottointeso che simpatizzi per essa.
Perchè un Pubblico Ufficiale possa operare solo nell’ area ad esso designata lo si capisce da sè, ma perchè non possa sancire, anche al di fuori della propria competenza, la volontà sostanziale di un elettore lo si capisce meglio da quanto affermato dall’ Ufficio Centrale nella sua decisione: “..non c’ è pregiudizio giuridicamente rilevante all’ interesse pubblico ‘ricollegato alla tutela della volontà manifestata dal corpo elettorale secondo i principi di democraiza e di partecipazione costituzionalmente garantiti’(vedi ricorso), perchè l’esercizio di tali diritti non può che svlogersi nel rispetto dei limiti e delle forme previste dalla legge”.

Quindi sono varie le decisioni possibili, ma determinanti in assoluto in termini numerici sono i punti primo,secondo e sesto (di cui sopra). Ipotizzando che il primo sia favorevole al ricorrente e il secondo contro, determinante sarà solo l’ interpretazione che il giudice darà al punto sesto sulla mancata indicazione del luogo. In generale il risultato non è prevedibile, perchè verrà esaminata ogni singola sottoscrizione con la relativa autenticazione.

Prima di arrivare al punto cruciale della vicenda riassumo brevemente la vicenda dell’ esclusione della lista del PdL della provincia di Roma. Le versioni sono varie, ma spero, nelle mia brevità, di essere il più oggettivo possibile. Il delegato del PdL si presenta alla sede del Tribunale di Roma alle 11.45 dell’ultimo giorno disponibile per la presentazione delle liste. (ricordo che il termine perentorio è mezzogiorno). Tale delegato (Alfredo Milioni) lascia per terra uno scatolone con degli incartamenti e se ne va, per poi tornare alle 12.45. Ma non lo lasciano più rientrare. C’è chi dice che era andato a farsi un panino e chi dice che era andato a cambiare dei nomi, c’è chi dice che esponenti di altri partiti gli hanno impedito di rientrare e chi invece sostiene che i portoni erano già chiusi e sorvegliati dalla polizia. Non entro nel merito della vicenda, mi limito a dire che la provincia di Roma, per il gran numero di abitanti, è determinante ai fini delle elezioni del Lazio: con questa esclusione (o mancata presentazione) delle liste del PdL dalla provincia di Roma, il risultato della candidata Governatrice Renata Polverini (nella foto) è fortemente compromesso. Per cui è stato fatto ricorso. Dopo che la Corte di Appello di Roma si é pronunciata per la non partecipazione della lista alle elezioni, ora il procedimento è davanti al TAR del Lazio.

Viste le regole di presentazione e ammissione delle candidature, ben riassunte dalle istruzioni elettorali del Ministero dell’ Interno del 6 febbraio.
Visti i fatti accaduti in Lombardia e nel Lazio.
Ecco il provvedimento varato dal Governo, il Decreto Legge 29/2010 emanato dal Presidente della Repubblica Napolitano, sottoscritto e proposto dal Presidente del Consiglio Berlusconi e dal Ministro dell’ Interno Maroni.
Vediamo prima le motivazioni e poi il testo.
Motivi. La straordinaria necessità e urgenza di consentire il corretto svolgimento delle consultazioni elettorali, assicurando l’esercizio dei diritti di elettorato attivo e passivo costituzionalmente tutelati a garanzia dei fondamentali valori di coesione sociale, presupposto di un sereno e pieno svolgimento delle competizioni elettorali.
Norme. Gli articoli sono tre, ma solo il primo è fondamentale.
Al primo comma è sancita l’ interpretazione autentica della norma che disciplina i modi e i tempi di presentazione delle liste, norma che dice che "le liste dei candidati devono essere presentate alla cancelleria del Tribunale dalle ore 8 del trentesimo giorno alle ore 12 del ventinovesimo giorno antecedenti quello della votazione". Questa norma deve essere così autenticamente interpretata: "il rispetto dei termini orari di presentazione delle liste, si considera assolto quando, entro gli stessi, i delegati incaricati della presentazione delle liste, muniti della prescritta documentazione, abbiano fatto ingresso nei locali del Tribunale. E tale presenza può essere provata con ogni mezzo idoneo."
Questo risolve la situazione di Roma, con l’ aiuto del comma 4 che dice che "i delegati che si siano trovati in quelle condizioni possono effettuare la presentazione delle liste dalle ore 8 alle ore 20 del primo giorno non festivo dall’ entrata in vigore del presente decreto."
Passiamo ai provvedimenti ‘lombardi’.
Il comma 2 prevede che le firme si considerano "valide anche se l’autenticazione non risulti corredata di tutti gli elementi previsti" dalla legge (vedi sopra), "purchè tali dati siano comunque desumibili in modo univoco da altri elementi presenti nella documentazione prodotta. In particolare, la regolarità dell’autenticazione delle firme non è comunque inficiata dalla presenza di un irregolarità meramente formale quale la mancanza o la non leggibilità del timbro della autorità autenticante, dell’ indicazione del luogo di autenticazione, nonchè dell’indicazione della qualificazione dell’autorità autenticante, purchè autorizzata."
Il terzo comma stabilisce che l’art. 10,5 della legge 108/1968 che dice che: "contro le decisioni di eliminazione di liste o di candidati, i delegati di lista possono, entro 24 ore dalla comunicazione, ricorrere all’ Ufficio centrale regionale" deve essere così interpretato: "che le decisioni di ammissione di liste di candidati o di singoli candidati da parte dell’Ufficio centrale regionale sono definitive, non revocabili o modificabili dallo stesso ufficio. Contro le decisioni di ammissione può essere proposto eslcusivamente ricorso al Giudice amministrativo soltanto da chi vi abbia interesse."
Il quarto comma infine dice che queste disposizioni si applicano anche alle operazioni e ad ogni altra attività (per esempio procedimenti davanti al TAR?) relative alle elezioni regionali, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

La legge 400 del 1988 all’ art. 15 prevede le materie che non possono essere disciplinate da un decreto legge, e tra queste c’ è la materia elettorale, che quindi può essere regolata solo da leggi emanate dal Parlamento. Ciò è previsto anche dall'art. 72 della Costituzione. Lo scopo è di evitare che che le regole del gioco vengano cambiate da una parte sola.
Se è previsto che una materia possa essere regolata solo da un determinato organo, è normale che solo esso abbia la possibilità di dare un’ interpretazione vincolante delle norme emanate in quel settore( oltre ovviamente i giudici che dovranno applicarle).
Ma anche a prescindere da questa banale regola, si può notare che nonostante il titolo sia 'interpretazione autentica di..' c’ è molto di dispositivo, e poco di interpretativo. Proprio al comma 4 non si fa mistero di cosa si stia parlando, infatti invece che ‘interpretazioni’, si dice ‘disposizioni’.
Il comma 2 dice che non sono necessari tutti gli elementi dell’ autenticazione, purchè desumibili dagli altri. Però subito dopo c’ è una smentita, si stabilisce infatti che la mancanza del timbro, del luogo o della qualificazione non possono comunque inficiare le regolarità dell’ autenticazione. Quindi nella prima parte è stabilito che non è necessaria la presenza fisica di tutti gli elementi, ma quella intrinseca della deducibilità, per cui in pratica gli elementi essenziali dell’ autenticazione (che sono: presenza al momento della sottoscrizione, data, luogo, timbro e qualificazione) devono essere sostanzialmente conoscibili. Mentre nella seconda parte si dice che data, luogo, qualificazione e timbro sono mere formalità.
A parte la palese contraddizione logica, stabilire cosa rileva e cosa no, è un’ azione ben lontana dall’ interpretare. Quindi si stabilisce che basta firmare davanti a una persona (che deve essere per lo meno un pubblico ufficiale) perchè la sottoscrizione sia autenticata. Magari anche senza sapere di essere di fronte a un pubblico ufficiale, magari pensando di firmare tutt’ altro. Se per una gara di 400 metri a ostacoli è stabilito che ogni atleta deve saltare 15 ostacoli,non si può definire un’interpretazione dire che in realtà con 15 si intende il numero massimo di ostacoli che uno può saltare, e che quindi può anche passarci di fianco, che vale lo stesso. Anche perchè poi potrebbe arrivare qualcuno e pensare di assistere a una gara di 400 metri normale. Allo stesso modo, la mancanza di formalità può far credere di sottoscrivere tutt’altro.
Ometto di parlare del terzo comma e torno a Roma. La legge prevedeva che le liste devono essere presentate entro mezzogiorno. Allora non si riesce a capire come è possibile che dal termine ‘presentate’ si possa dedurre che basta essere presenti con gli scatoloni delle sottoscrizioni nell’ edificio. E tra l’altro potrebbe anche essere possibile entrare con tutti i documenti alle 11.59, andare a chiudersi in bagno e stare lì una settimana, poi uscire fuori e dire che si è avuta un’ impellenza, ma che comunque si era entrati nei termini previsti!

Conlcudo. Gli effetti di questo decreto sono molto prevedibili, visto che è stato fatto ad hoc, cucito su misura, come abbiamo visto punto per punto. In Lombardia tutti i vizi formali, che erano stati individuati nell’autenticazione delle sottoscrizioni, non dovranno più essere considerati ai fini della regolarità. Allo stesso modo nel Lazio, si proverà che il delegato Milioni era presente con i documenti prima di mezzogiorno e avrà quindi diritto di presentare nuovamente le liste, passeggiando su un tappeto rosso agli squilli dei trombettieri in fila. Trombettate che potranno interpretarsi sia come di scherno del povero Milioni, sia come giubilo per la corsa solitaria verso le mani del cancelliere.
Ma visto il contenuto del decreto, non è da escludere che i giudici amministrativi (del TAR), che si troveranno a doverlo applicare, sollevino la questione di legittimità costituzionale. E già la Giunta regionale del Lazio ha deciso di impugnarlo mediante ricorso davanti alla Corte Costituzionale.
Jacopo de Angelis

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