Raffaello Sanzio, "La scuola di Atene". Tema: la facoltà dell'anima di conoscere il vero.

sabato 13 marzo 2010

COSA SOSTENIAMO?

Abbiamo solo un pianeta. Di questo pianeta più o meno il 25% è ecologicamente produttivo, cioè produce massa vegetale. A scuola impariamo che la circonferenza del pianeta è di 40mila chilometri e che siamo in circa 6 miliardi, quindi ogni studente riesce a calcolare che abbiamo a disposizione 1,8 ettari a testa. Questo è il budget su cui possiamo contare, quindi se qualcuno vi chiede che cosa significa "sostenibilità", è molto semplice: come possiamo avere la migliore vita all’interno di questo budget limitato che abbiamo.”
Mathis Wackernagel

La sfida dello “sviluppo sostenibile” lanciata a Rio de Janeiro nel 1992 ha focalizzato l’attenzione della comunità internazionale sulla compatibilità tra ambiente ed economia. Gli impatti sulla natura generati dalle nostre economie sono oggi di tale entità da rischiare di compromettere le capacità rigenerative e produttive degli ecosistemi.
Dalla metà del secolo scorso la conoscenza scientifica sul ruolo dell’uomo nella natura ha ampiamente affinato la capacità di comprensione degli effetti della pressione umana sui sistemi naturali della Terra. Già nel 1957 il lavoro di due grandi ricercatori, lo statunitense Roger Revelle (1909-1991), oceanografo e l’austriaco Hans Huess (1909-1993), geologo e paleontologo, registrava la dimensione planetaria della crisi della relazione antropica con i sistemi naturali. La loro ricerca considerava lo scambio di anidride carbonica tra atmosfera e oceano e la questione dell’incremento dell’anidride carbonica nella composizione chimica dell’atmosfera. La consapevolezza di un’interferenza globale dovuta alla pressione umana sui grandi cicli della natura, diventò sempre più evidente ai due ricercatori che proprio in questo lavoro scrissero:
Così gli esseri umani stanno compiendo un esperimento di geofisica su larga scala, di un tipo del quale non avrebbe mai potuto effettuarsi in passato”.
Il tema ambientale venne in seguito affrontato negli anni ’70 a Stoccolma, nel primo incontro mondiale sull’ambiente. In quell’occasione si posero le basi per una più incisiva regolamentazione delle attività umane, aventi rilevanti conseguenze ambientali. Basti pensare all’approvazione in sede CEE del primo programma di azione ambientale 1973-1977 e all’impulso che le direttive comunitarie impressero alle normative nazionali per la tutela dell’ambiente.
In quegli stessi anni l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), che riunisce i 21 stati più industrializzati, lanciava l’ammonimento sul “fallimento del mercato” nelle politiche di controllo dell’inquinamento. Si evidenziava che l’assenza di precise misure regolatorie accollasse i costi dell’inquinamento e delle misure di risanamento ambientale al di fuori dell’impresa, anziché sui costi di produzione, quindi l’ambiente non veniva contabilizzato.
Nel 1972 un gruppo di ricercatori del Massachussets Institute of Technology (MIT) elaborò il rapporto “Limits to Growth”, utilizzando un primo modello computerizzato per analizzare scenari futuri. Venne dimostrato che non era possibile, e non lo è tutt’oggi, ottenere una crescita economica, materiale e quantitativa, in un mondo che presenti dei limiti biofisici ben definiti (Meadows et al., 1972, 2006). Dalla consapevolezza di questi problemi e dalla constatazione di evidenti cambiamenti globali, il premio Nobel per la chimica, Paul Crutzen, definì il brevissimo periodo geologico che stiamo attraversando, che va dalla rivoluzione industriale ad oggi, Antropocene, proprio per accentuare il ruolo dell’intervento umano nei confronti dei sistemi naturali (Crutzen 2005). I lavori scientifici che avvalorano la teoria e che ci fanno supporre che siamo ormai nell’Antropocene, sono tanti, basti citare ad esempio Steffen et al., 2004. Per chiarire il concetto di questo nuovo periodo geologico ecco alcuni dati esemplificativi:
- negli ultimi 150 anni è stato esaurito oltre il 40% delle riserve conosciute di petrolio, che si sono formate nel corso di milioni di anni;
- oltre il 50% della superficie delle terre emerse dell’intero pianeta è stata trasformata direttamente dall’azione umana con conseguenze significative per la biodiversità, i cicli dei nutrienti, la struttura e la biologia del suolo e il sistema climatico. L’attività umana, ha trasformato l’83% della superficie delle terre emerse (Sanderson et al., 2002);
- oltre alla profonda modificazione del ciclo del carbonio, dovuto all’emissione in aria di carbonio derivante dalla combustione dei carboni fossili, si sta modificando la composizione chimica dell’atmosfera a causa dell’immisione di gas, che incrementano l’effetto serra;
- i tassi di estinzioni di specie viventi stanno rapidamente aumentando negli ecosistemi terrestri e marini;
- viene utilizzata più della metà di tutte le acque dolci accessibili e disponibili, e le risorse di acque sotterranee, presenti sul nostro pianeta, si stanno rapidamente esaurendo in molte aree;
- gli ambienti costieri sono notevolmente alterati, oltre il 40% degli ecosistemi marini presenta un impatto umano classificabile da elevato a molto elevato (Halpern et al., 2008), il 50% degli ambienti di mangrovie è stato distrutto;
- circa il 22% delle zone di pesca sono sovrasfruttate e profondamente alterate e oltre il 44% sono al limite del loro sfruttamento,
- l’estrazione globale delle risorse degli ecosistemi del pianeta risulta cresciuta dai 40 miliardi di tonnellate del 1980 ai 58 miliardi di tonnellate del 2005 (si prevede che il flusso di risorse, se i livelli di consumo continueranno a crescere e se non avranno luogo interventi politici seri per far declinare questo trend, raggiungerà nel 2020 gli 80 miliardi di tonnellate).
È ormai noto che l’andamento della continua crescita materiale e quantitativa dei sistemi socio-economici, del consumo delle risorse, della trasformazione di ambienti naturali e della produzione di rifiuti che essi provocano, non è più sostenibile da parte dei sistemi naturali.
Il primo passo per conoscere lo stato di salute dell’ambiente in cui viviamo consiste nel monitoraggio ambientale delle risorse necessarie al sostentamento della popolazione. È sempre più diffuso l’utilizzo di indici e di indicatori ambientali per realizzare un controllo periodico e sistematico delle diverse componenti ambientali, per stabilire il loro stato quali-quantitativo e la loro evoluzione nel tempo. In particolare, va evidenziata la presenza di una classe di indici, tra cui l’impronta ecologica, capace di stimare quanta “natura” viene utilizzata dalle nostre economie per produrre i beni ed i servizi che consumiamo, e quanta ne abbiamo ancora a disposizione.
Lo sviluppo sostenibile è sempre più rivolto all’intero “metabolismo” dei sistemi sociali coadiuvando quelli naturali. Per modificare gli attuali modelli di sviluppo e i conseguenti pattern di produzione e consumo, rendendoli più sostenibili, è quindi necessario comprendere a fondo la dimensione biofisica dei sistemi socio-economici. La società umana è strettamente correlata all’ambiente biofisico dal quale estrae risorse naturali e dove disperde i rifiuti. Il flusso di energia e materie prime che attraversa le società costituisce il metabolismo sociale. Un prerequisito per avviare percorsi di sostenibilità è costituito dalla riduzione del flusso del metabolismo sociale.
Bruno De Angelis
Bibliografia

- Crutzen P., Benvenuti nell’Antropocene!, Mondadori, 2005.
- Meadows D. et al., I limiti dello sviluppo, Mondadori, 1972.
- Meadows D., et al., I nuovi limiti dello sviluppo, Mondadori, 2006.
- Steffen W. et al., Global Change and the earth System. A Planet Under Pressure. Springer Velag, 2004.

3 commenti:

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  2. Bellissimo articolo, complimenti! Credo sia importante dire che il capitalismo e l'industrializzazione siano la base del degrado ambientale e che è compito delle istituzioni e di noi tutti trovare un sistema per far si che le generazioni future possano godersi un mondo il più naturale possibile. Purtroppo c'è troppa speculazione e un giro di denaro enorme, che fa gola ai più potenti, a chi ci governa, ai piani alti. Se ti dico che è da anni che hanno progettato il motore ad acqua per le auto e che nessuno ha mai avuto il coraggio di metterlo in commercio perchè qualche stronzo l'ha VIETATO ci credi?? Questo dice tutto...

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  3. Bru come promesso c'ho messo un pò ma l'ho letto ed è molto interessante. Nel prossimo mi aspetto che parlerai di questi metodi pratici di ecosostenibilità...

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